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La cifrematica. Di cosa si tratta

Come è sorta qui a Padova, la cifrematica? Di cosa si tratta? Negli anni ’70, qui a Padova è sorta un’équipe che poi ha costituito un’associazione, l’“Associazione cifrematica di Padova”, per favorire l’articolazione d’istanze artistiche, scientifiche, culturali con l’istituzione di dispositivi. In questi oltre trent’anni di attività l’Associazione ha organizzato migliaia fra dibattiti, conferenze, convegni, équipe di scrittura, équipe di clinica intorno alla materia intellettuale della scienza della parola.

La cifrematica è l’esperienza dove si tratta della qualificazione, del processo di qualificazione e del modo con cui ciascuna cosa qualificandosi approda alla cifra, approda al valore estremo; nell’esperienza dove si tratta della valorizzazione di ciò che si è intrapreso e s’intraprende, il cliente è, già in direzione dello statuto intellettuale. Il cliente è nello statuto dell’ascolto, dell’obbedienza. Il cliente ode e fa udire, intende e fa intendere; chiama e annuncia, dà mandato per l’instaurazione del dispositivo. Nella sembianza. Tra la gloria e la fama, il cliente che giunge con la valorizzazione, non prima.

Non si tratta, con il cliente, della variante civile del paziente, dell’utente o del cittadino, che sono altri modi per indicare il soggetto necessario all’apparato sociale del consumo; si tratta di una proprietà del dispositivo di valorizzazione. Si tratta propriamente d’intraprendere il viaggio, l’avventura della parola. Qualificazione e valorizzazione indicano con precisione qual è il processo nel viaggio, nell’itinerario in cui si tratta dell’esperienza della parola. Il modello cui s’ispira la psicoterapia è il rapporto personale instaurato sul modello del rapporto sociale fra chi è presunto curare e chi è presunto curato. Senza l’esperienza di associazione, esperienza che consente di elaborare la questione dell’istituzione in quanto istituzione psicanalitica, la burocrazia impera. Burocrazia nel senso della credenza nel potere invisibile e nella predestinazione, nonché nell’inerzia del fatalismo.

L’istituzione psicanalitica, cifrematica, instaura la novità assoluta del dispositivo. Nel dispositivo vige la logica che non poggia sull’alternativa esclusiva, ma sul vel, sull’adiacenza: logica del due e del tre. Non già logica binaria, ma logica della nominazione: diadica e singolare triale. Logica in cui la contraddizione è originaria e ha il suo modo nell’ossimoro, e è inconciliabile. Contraddizione come modo dell’apertura. Senza rimedio e senza ritorno. L’analisi comporta, per la via del transfert, che non c’è più soluzione, ma assoluzione. Non vige più il principio causalistico della causa e dell’effetto per ogni cosa, per cui si tratta di cercare la causa, ma anche il modo, la combinazione e la combinatoria. Insomma, nessun elemento è elementare e l’analisi si conclude nell’assoluzione.

Assoluzione del legame sociale, cioè genealogico, cioè fantasmatico, con la morte. Non si tratta, quindi di “convivere” con i problemi, ma di assolvere i presupposti “problematici”. Questo ha come sua conseguenza formativa di dissipare del moralismo sostanzialista, che ha i suoi risvolti nelle superstizioni. Ogni idea di salvezza, che si volga o no nella promessa della salvezza che istituisce il totalitarismo delle convenzioni, fonda la demarcazione fra l’effettiva libertà intellettuale e ciò che annoda l’ideologia della vendetta come legame sociale.

Chi crede nella salvezza s’istituisce come vittima, chi promette la salvezza s’istituisce come carnefice, rinnovando la diabolica coppia schiavo/padrone di platonica memoria e che si rinnova surrettiziamente dove venga istituita la coppia maestro/allievo o medico/paziente, o curante/curato. Sono queste varianti delle coppia capace/incapace. La mitologia della salvezza è l’altra faccia della mitologia, che si è fatta anche teologia, della liberazione, sul cui conto occorre mettere ogni rivendicazione personale, sociale, religiosa o cosiddetta civile. In un caso e nell’altro, l’appello è a un presunto demiurgo, da imitare o da essere, che, giungendo a conquistare una presunta padronanza sulle “umane cose”, sul sapere, sul destino o quant’altro, potrebbe ricevere la delega sulla vita di ognuno.

 

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