NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE

N. 23  - SETTEMBRE 2009  (scarica pdf)

INDICE

AMA GLI ALTRI COME TE STESSO

L'ALBUM DI CLAUDIO

IL GRANDE ABBRACCIO DEL VOLONTARIO

AIUTO SUL TERRITORIO

INFORMAZIONI DAL DIRETTIVO

Il MIO LAVORO ALL'ASSOCIAZIONE AMICI DI SAN CAMILLO...

LIBRI LETTI IN QUESTE ULTIME CALDE SERE D’ESTATE

LUTTI

FELICITAZIONI

DATE DA RICORDARE

RECAPITI
 


AMA GLI ALTRI COME TE STESSO

C’è una frase che rappresenta il cuore di tutto il messaggio evangelico e che, come dice san Paolo, è anche la sintesi di ogni comandamento: « Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso » (Gal 5,14).

Si tratta di una frase per certi versi misteriosa. Ma anche un po' sibillina, perché sembra addirittura in contrasto con l'esempio di Gesù che ha amato gli uomini fino a sacrificare per loro la sua stessa vita. Una espressione che sembra persine giustificare un certo egoismo, essendo da essa invitati a porre l'attenzione a noi stessi prima che agli altri. Una apparente sollecita­zione a non promuovere slanci di generosità così grandi da anteporre quel prossimo, che il Signore pur ci chiede ripetutamente di amare, al sentimento verso se stessi. Ma la contraddizione è solo apparente. In realtà questo precetto esprime al meglio la giusta dinamica che riguarda il nostro rapporto al contempo con Dio e con i fratelli. D'altra parte, non è solo il Vangelo a suggerirci questo comportamento. Dell'importanza di partire da questo atteggiamento di amore e di rispetto verso noi stessi per giungere a quello verso gli altri ci danno conferma anche le scienze dell'uomo come la psicologia e la psicanalisi. Le quali, pur nella differenza dei metodi e dei presupposti, hanno come scopo di aiutare coloro che esse curano ad imparare a vivere relazioni corrette e soddisfacenti. Un uomo, infatti, si sente felice e realizzato solo quando avverte di saper suscitare amore attorno a sé dando e ricevendo stima e affetto. Ma poiché, al di là della buona volontà e della retta intenzione, di fatto molti sono gli ostacoli che impediscono rapporti di questo tipo, le cosiddette scienze umane cercano di aiutare le persone anzitutto a fare un percorso inferiore di conoscenza di se stessi. Un percorso che faccia emergere poco a poco i blocchi e i complessi inconsci sepolti nel profondo, il vissuto di sofferenze e di disagi accumulatisi negli anni, in modo tale che la persona possa prendere coscienza dei nodi che la tengono legata e in questo modo scioglierli. Solo allora avendo raggiunto un atteggiamento di giusta stima, di rispetto, di amore corretto verso di sé, può ritrovare anche un giusto rapporto con gli altri. Un rapporto vero, autentico, in cui non ci siano aggressività esasperate ma neanche generosità esagerate e pericolose, perché fondate non su un sincero amore per gli altri quanto, piuttosto, su un bisogno del loro affetto e della loro riconoscenza che sostituisca l'amore verso se stessi che non si è capaci di darsi. Lo sviluppo delle scienze che curano la psiche umana conferma così quello che il Vangelo ci aveva già insegnato riassumendolo nella battuta fulminea e folgorante che ab­biamo visto: "ama gli altri come te stesso". Ora abbiamo capito che cosa significa: per amare gli altri in modo giusto per loro dobbiamo prima sapere amare in modo corretto noi stessi. E, al contrario, se non abbiamo verso noi stessi la stima e il rispetto che ci dobbiamo, finiremo per provocare danni al nostro prossimo anche quando ci presentassimo, pur con il massimo di buona fede, come degli altruisti convinti. Il Vangelo, dunque, ci dice chiaramente che dobbiamo imparare ad amare gli altri non più ma neanche meno di noi stessi. Così, l'equilibrio sta tutto in quel "come", cioè in che cosa consista questo amore per noi stessi che ci viene proposto come "misura" del nostro rapporto con gli altri.

 Rosanna Brichetti

 Il cristianesimo chiede di amare il prossimo. Come si ama se stessi.

Ma se non scopriamo l'amore di Dio e non cerchiamo di vivere con intensità all'interno di questo rapporto con lui, amare veramente noi e gli altri uomini non è possibile.

Padre Eugenio Sapori

torna all'indice

 

L'ALBUM DI CLAUDIO

Claudio Sabelli, è uno dei circa 6.000 ammalati di Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) del nostro paese. È completamente paralizzato e dipende in tutto dalle macchine. Vive a Roma, dove lavorava presso Trenitalia come quadro dirigente. Ora ha cinquantasette anni e dal 2004 lotta con forza e tenacia contro questa malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso. Da uno e mezzo è tracheotomizzato e si nutre attraverso la Peg. Claudio comunica mediante un’apparecchiatura che gli consente di impartire, con gli occhi, i comandi ad un computer, capace di “interpretare”, e conseguentemente utilizzare, lo sguardo senza che questi necessiti di una tastiera o di un mouse. Il dispositivo traduce, poi, in voce il comando impartito con i movimenti oculari sullo schermo del computer. Questo strumento gli permette di comunicare con i familiari, navigare in internet, utilizzare la posta elettronica, leggere la rassegna stampa dei quotidiani e altro. «La mia prospettiva esalta la vita e la speranza» così si legge in una pagina a lui dedicata all’interno del sito web, che fa capo a “Viva la Vita” un’associazione di familiari e malati di Sclerosi laterale amiotrofica.

 

Quando si parla di malati affetti da Sla o comunque da patologie così invalidanti i media tendono a sottolineare che quella non è vita. Con tutta probabilità nessuno avrebbe il coraggio di riproporre la stessa frase direttamente a lei, ma se così fosse cosa risponderebbe?

 La Sla, non mi stancherò di ripeterlo, uccide lentamente il fisico ma non la mente che diventa il nostro alleato più affidabile. La mia vita è diversa da quella di un sano ma indubbiamente più intensa. Vivo ogni momento in forma piena assaporando le gioie e i dolori che la vita continua a riservarmi. La cultura maggioritaria esclude dal concetto di felicità la sofferenza introducendo un’illusione perversa. Nessuno può evitare di ammalarsi, di invecchiare e morire. Una vita felice senza dolore è un’illusione che rende debole la mente. Io muovo solo gli occhi con i quali scrivo ma sono padrone della mie facoltà mentali con cui continuo ad amare, ad indignarmi. Certo il mio corpo inanimato continua a far paura specialmente oggi che il corpo ha valore assoluto. Io, come tutti noi, coltiviamo la speranza nella ricerca scientifica anche se nel nostro paese appare mortificata. La speranza di lasciare la nostra prigionia del corpo non deve abbandonare nessuno e dobbiamo alimentarla attivamente.

 

La vita di un malato di Sla è complicata anche nella gestione quotidiana, quanto conta il luogo in cui si vive?

La casa è tutto. Noi siamo malati a gestione complessa che può essere organizzata a domicilio. La casa per noi equivale a vivere, mantenere una continuità affettiva è fondamentale. Il sorriso di una moglie, sentire il vociare dei bambini, la mano degli anziani sulla tua, la visita di un amico significano sentirsi vivo. Per malati come noi essere internati in cliniche significherebbe una graduale fine. Cosa diversa sono i centri di sollievo ai quali rivolgersi in casi contingenti e per brevi periodi.
Noi siamo persone ancora ricche di bisogni che dovrebbe far riflettere la nostra società che tende a nascondere, a dimenticare i meno fortunati. Stare a casa non ha il valore di delega, cioè di affidare ai soli familiari l’assistenza al malato come di fatto avviene nella quasi totalità delle regioni italiane.

 

Per il pensiero della società moderna è quasi impossibile pensare ad un ammalato di Sla con delle passioni. La sua esperienza, tuttavia, conferma l’esatto contrario. È vero che lei non ha perso l’interesse per i libri e la poesia?

Coltivare interessi per un malato di Sla è un po’ difficile. La metà di noi non dispone di un comunicatore che, voglio ricordarlo, è l’unico strumento per chi è privo di linguaggio per comunicare necessità sanitarie e garantire. Il mio nonostante sia molto avanzato non mi permette di ascoltare una radio o musica, accedere alle molte offerte disponibili. Io non posso leggere un libro ma ascolto audiolibri che è una magnifica idea che permette di fruire opere altrimenti inaccessibili.  Con l’aiuto di chi mi assiste ascolto lezioni di storia, qualche poesia (un genere abbastanza introvabile in realtà), la musica. Scrivo molto con grave disappunto dei miei occhi. Sento forte in me la forza delle passioni che mi fanno avere una disciplina interiore che mi aiuta a combattere quella pigrizia che l’assoluta immobilità genera. Cerco di curare lo spirito con ogni mezzo possibile. Devo ringraziare la nostra associazione “Viva la vita”, amici come Erminia Manfredi che mi incoraggiano e sento molto vicini ma soprattutto mia moglie Stefania che oltre a condividere la mia prigionia mi riempie di stimoli. Approfitto della sua cortesia per esortare le case editrici a pensare a coloro che non possono leggere ma sono pronti ad ascoltare.

 

Le capita di vivere momenti di arrabbiatura oppure di ironia e umorismo?

Io per natura non mi prendo sul serio. Rido spesso e assisto divertito alle allegre dispute delle persone che mi assistono e che vengono dalle più disparate parti del mondo. Mi hanno arricchito. Loro, messi a disposizione dalla Asl di Roma, si occupano del mio corpo. Quando usciamo per brevi passeggiate formiamo un allegro gruppetto con i colori del mondo. Mi piace chiamarmi un androide ancora felice.

 

Il malato di Sla si ritrova spesso solo e con lui, a farne le spese, anche l’intera famiglia. Qual è il provvedimento più urgente che si sente di chiedere alle istituzioni?

Per rispondere alla sua domanda occorre una premessa. La malattia ha vari stadi di progressione non prevedibili. Finché non giungono problemi respiratori la Sla sebbene invalidante permette una vita familiare accettabile. I veri problemi sorgono quando il malato ha problemi respiratori e di alimentazione. Si ricorre alla tracheotomia, come nel mio caso, e alla Peg, un sondino gastrico direttamente nello stomaco che permette di alimentarci con preparati liquidi e di bere. A parole sembra terribile ma non lo è. Occorre un’assistenza domiciliare con personale formato. Oggi gran parte delle regioni di fatto delega alle famiglie l’assistenza dei malati di Sla gettandole spesso in una cupa disperazione. Non nascondo di aver ricevuto mail di malati e di familiari stremati da questa solitudine. Questo lo trovo crudele, incivile e in contraddizione con i richiami alla vita e alla sua sacralità. Concetti questi che esigono interventi concreti al posto di dichiarazioni che suonano false. La nostra associazione ha presentato alla Regione Lazio, che già fa molto, un modello formativo che coniuga sostenibilità e qualità assistenziale. Io chiedo che questo modello venga esaminato e arricchito in modo da garantire un’assistenza degna a tutti i malati di Sla in Italia.  

Fabio Cavallari

 

«Una vita felice senza dolore è un’illusione che rende debole la mente».

La Weltanschauung di un caparbio malato di Sla

 

 torna all'indice

 

IL GRANDE ABBRACCIO DEL VOLONTARIO

Sono stato in Abruzzo. Come volontario dell’unità di Protezione Civile dell’Associazione Nazionale Alpini (dei quali sono ufficiale in congedo) ho partecipato a un turno settimanale di lavoro, dal 2 al 9 maggio, in uno dei campi gestiti dall’ANA.

Il campo di S. Demetrio ne’ Vestini - 20 km da L’Aquila - ospita, in una cinquantina di tende sistemate nel campo sportivo del paese, gli abitanti del centro storico interamente transennato e fornisce assistenza – pasti, alimentari e generi di prima necessità, vestiario, ambulatorio medico, farmacia, posta – anche agli ospiti di alcuni campi-satellite e a coloro che vivono in tende piazzate nei giardini o nelle campagne di proprietà.

In totale circa 600 persone alle prese con un’angoscia rinnovata quotidianamente da uno stillicidio di piccole scosse: la piena consapevolezza che il fenomeno fosse, in termini di frequenza e di intensità, in esaurimento non riusciva a compensare una paura sorda, istintiva che impediva anche a chi poteva di  rientrare in case agibili. Da lontano, sentendo in TV queste reazioni, mi ribellavo a tanta irrazionalità ma parlando con le persone, giovani o vecchie senza distinzione, si leggeva nei loro occhi quanto vera e profonda fosse tale paura.

Un senso di rabbia mi è derivato dall’osservare come, a parte gli edifici antichi, la distruzione si presentasse  ovunque a macchia di leopardo: accanto a rovine o case fortemente lesionate, costruzioni intatte, segno evidente di chi aveva costruito bene e chi invece male.Da uomo di montagna conoscevo la riservatezza degli abruzzesi, gente di montagna che avevo avuto modo di incontrare e apprezzare nelle varie puntate al fresco e alla pace, fuggendo il caldo e il caos di Roma, ma mi ha molto sorpreso la mancata capacità (volontà?) di socializzare tra le persone del campo, come se l’elaborazione del dolore fosse un processo privato da condividere al più all’interno della tenda (ogni tenda, capace fino a 12 posti, era riservata, nei limiti del possibile, a persone dello stesso nucleo familiare). Un tentativo di ovviare, almeno in parte, a questa situazione è stata la realizzazione di una struttura in legno destinata a centro di incontro per anziani, completata nella settimana in cui ero là.

Diverso era l’atteggiamento dei bambini del campo – non molti – che nel tempo libero dalla scuola, anch’essa alloggiata in tende dove affluivano anche gli scolari dei paesi vicini, si divertivano assieme, in bici, con i pattini, sulla pista di cemento che circondava il campo. Per loro è disponibile anche una ludoteca dove operano scout e operatori di clown-terapia.

Tornando alla mia esperienza personale, la condivisione con estranei, ancorché colleghi, dello stretto spazio della tenda, la branda e il sacco a pelo(per molti anni sono stato assiduo campeggiatore ma è passato tanto tempo), la ovvia precarietà dei servizi igienici (bagni Seebach e docce comuni), l’esigenza di adattarsi alle più varie mansioni (organizzavo il magazzino ma ho anche lavato i pentoloni della cucina) hanno sicuramente contribuito a scalzare tante sovrastrutture che la comoda e benestante vita quotidiana tende a creare, allontanandoci da valori che l’incontro con il dolore permette, fortunatamente nella sfortuna,  di recuperare.

Probabilmente tornerò in Abruzzo il prossimo agosto.

Alberto Gabrielli

 

 torna all'indice

 

AIUTO SUL TERRITORIO

A febbraio, la nostra volontaria referente dell’ospedale, ha ricevuto una richiesta urgente d’aiuto. Una giovane coppia di pakistani aveva bisogno di soccorso immediato dopo la nascita delle loro tre gemelline. Loretta, con la sua grande esperienza e sensibilità ha subito impostato un piano di aiuto: ha formato un gruppo numeroso di volontarie. Alcune di esse, a turno, di giorno aiutavano la mamma ad accudire le tre bimbe nate premature altre si sono impegnate nel reperire abbigliamento idoneo, nonché latte in polvere in attesa che il comune facesse la sua parte. Questo per quanto riguarda l’aiuto immediato, ma era importante anche aiutare la famigliola per le visite mediche e per tutte le problematiche legate al territorio non di loro origine. Sono stati tanti i problemi da risolvere, come lo spostarsi in macchina con tre neonate ed una mamma che non sa una sola parola di italiano, e fare in modo che non pensassero che tutto era a loro dovuto. E’ stata chiesta la loro buona volontà nel crescere e soprattutto nell’integrarsi in una città che li ha accolti con benevolenza.  Pur mantenendo vive le loro usanze, tradizioni e  religione le volontarie hanno fatto capire loro che si devono adeguare al nostro vissuto e che devono rispettare le nostre leggi.

Ci siamo accorti che le strutture ospedaliere hanno stima di noi e del nostro operato perché spesso siamo chiamati a prenderci cura di situazioni difficili. Se si sta chiudendo il portone delle case di accoglienza se ne apre uno ben più impegnativo e dobbiamo dire grazie di cuore ad Anna, Laura, Vittorio, Loretta, Paola, Marcella,Graziella,Clarissa, Gianni ed altri che hanno dato tanto del loro tempo e del loro amore nell’ affrontare una situazione tanto difficile e critica.                             

Claudia ed Anna

 

torna all'indice

 

INFORMAZIONI DAL DIRETTIVO

 

L’Assemblea dei soci, riunitasi il 27 aprile 2009, ha deciso di chiudere a fine anno la casa d’accoglienza di via Forcellini, 14. Questa difficile scelta è giunta dopo aver valutato a fondo le cause.

E’ stata una decisione dolorosa perché abbiamo dovuto accantonare un progetto in cui credevamo.

Il motivo per cui siamo giunti a questa determinazione è la difficoltà a rispondere alle richieste, per altro sempre più esigenti, degli ospiti.

In Padova, dopo di noi, sono state aperte altre case d’accoglienza con più confort e questo paradossalmente, dato che queste case dovrebbero andare in aiuto alle famiglie meno abbienti, ci induce a volgere il nostro aiuto altrove.

In questi ultimi anni abbiamo sperato in qualche aiuto che ci permettesse di avere un appartamento più rispondente alle richieste degli ospiti, ma ciò non è avvenuto.

Abbiamo anche valutato la possibilità di rivolgere il nostro aiuto, abbassando ulteriormente il contributo spese, alle persone in grande difficoltà economica, ma ci siamo resi conto che ciò non è possibile prima perché non abbiamo introiti sufficienti, secondo perché dovremmo avere molti più volontari impegnati in questa attività.

La chiusura della casa non vuol dire chiusura del progetto perché ci sono ancora famiglie che danno ospitalità nelle loro case e perché resta aperto l’appartamento di via Lovarini. Questo, infatti, è dato ad un nucleo familiare che lo prende in affitto per più mesi.

Restiamo vigili e aperti alle indicazioni della provvidenza affinché lo spirito camilliano che ci sostiene porti buoni frutti.

torna all'indice

 

Il MIO LAVORO ALL'ASSOCIAZIONE AMICI DI SAN CAMILLO...

 

Sono Elena Bettio, ho 25 anni, sono di Sarmeola di Rubano e il 2 Dicembre 2008 mi sono laureata in Storia del Cinema all’Università di Padova.

Grazie al “BANDO OKKUPIAMO” promosso dal C.S.V., sto svolgendo servizio presso l’Associazione “Amici di San Camillo” dal 4 Aprile 2009.

Nonostante i miei studi siano stati indirizzati al mondo dello Spettacolo, dell’Arte e della Musica, è altrettanto vero che la sfera del sociale e del Volontariato mi ha sempre attratto.

Da quasi tre anni infatti, faccio parte dell’Associazione “Dottor Clown” che opera nelle corsie ospedaliere, e organizza viaggi-missione verso luoghi come Palestina, India, Argentina e da pochi mesi anche in Abruzzo.

L’inizio del lavoro presso gli “Amici di San Camillo” è stato accompagnato e seguito da Katiuscia, che con pazienza, disponibilità e precisione mi presentava l’Associazione, i campi e raggi d’azione entro cui questa opera, le attività che propone e promuove e quelli che sarebbero stati i miei compiti. In particolare mi ha aiutato davvero molto a conoscere i programmi del computer e il loro utilizzo. Ora che Katiuscia non lavora più qui, la Sig.ra Teresa Finco e la Sig.ra Mariarosa Nalin mi danno una mano nei vari lavori di segreteria.

Mi piace la collaborazione e il contributo che tutti i soci portano all’interno dell’Associazione: nessuno indispensabile, ma tutti fondamentali!

Man mano che il tempo passava ho conosciuto alcuni soci e i membri del consiglio direttivo, con le relative loro occupazioni o responsabilità specifiche all’interno dell’Associazione.

Ho avuto modo, inoltre, di entrare nella realtà della Casa di Accoglienza di Via Forcellini 14. La possibilità di avere un contatto umano, di ascoltare racconti di vita, di venire a conoscenza di storie e realtà di tante persone diverse che provengono un po’ da tutta Italia, mi hanno arricchito moltissimo e mi hanno lasciato un piacevole ricordo, nonostante ci siano stati episodi spiacevoli, come il tentativo, da parte di alcune persone,di pagare di meno di quello che avrebbero dovuto pagare o addirittura di non pagare affatto, oppure di non lasciare in ordine e pulite le stanze e la casa in generale. Il dubbio che mi è rimasto tra i pensieri però è questo.. Dove inizia la furbizia ed inizia la disperazione? E’ radicato nella nostra cultura il bisogno di “fregare” il prossimo o c’è davvero da parte di molti, l’impossibilità a sostenere certe spese? Forse tutte e due..

Mi ha dato molta soddisfazione vedere aiutati gli ospiti con una semplice battuta, un sorriso o una telefonata per problemi pratici, come per la ricerca di un barbiere o per sapere gli orari del treno.

E’ stato anche molto costruttivo lavorare soprattutto a contatto con Chiara Canizza, donna molto gentile e precisa, che mi ha insegnato a non avere paura di dire no e a tirare fuori le unghie e i denti all’occorrenza.

Per un mese circa ho anche tenuto il cellulare della casa. Ho imparato a gestire l’organizzazione dei pernottamenti oltre che alcune situazioni molto delicate dal punto di vista ospedaliero.

Sono contenta di mettermi in gioco su più aspetti, pratici e teorici, umani e tecnici, anche se non nascondo una gratificazione maggiore nel rapportarmi con l’altro, nel focalizzare ascolto e sguardo sulle relazioni umane.

Spero che ogni giorno sia intenso e importante per fornirmi strumenti di conoscenza affinché sfrutti i miei punti di forza e superi i miei limiti o difetti.

Elena Bettio

torna all'indice

 

LIBRI LETTI IN QUESTE ULTIME CALDE SERE D’ESTATE

Correndo la vita”. Di Gabriele Pernigo°. Genere:Autobiografia.

Scritto un po' per gioco ed un po' per hobby; nato senza dubbio dalla passione coltivata fin da giovane per la scrittura, l’autore ripercorre con creativa e snella scrittura alcune delle tappe del proprio vissuto.

“Tango argentino”. Edizioni Cleup, di Gabriele Pernigo. Genere: Narrativa.

E' ambientato in un tragico periodo storico, quello della Dittatura Militare Argentina. I personaggi che si incontrano sono diversi per qualità sentimento e temperamento ma tutti affrontano quall'avventura che è la vita con emozione, coraggio, abnegazione, nell'intento di amare e di essere amati".

 

°Gabriele Pernigo, è volontario e vicepresidente dell’Associazione Amici di San Camillo. Il ricavato della vendita dei volumi sarà devoluto all’Associazione per la ricerca sul cancro.

“Mendicanti di bellezza”. Edizioni San Paolo, di Maria Gloria Riva e Fabio Cavallai. Genere: Religione / Teologia e cultura religiosa.

Un non credente ed una suora a confronto sulla vita. Il punto di partenza è l’arte e la sua bellezza. I due autori, una monaca di clausura e un giornalista ateo, prendono le mosse dai dipinti di noti artisti contemporanei per raccontarsi le loro storie e riflettere su di esse con uno sguardo laico verso il cielo, l’eterno, l’assoluto. L’arte e la bellezza diventano così il terreno di incontro per un dialogo possibile, alla ricerca della verità. Un libro illustrato, di grande effetto, con le riproduzioni a colori di celebri capolavori dell’arte.

“Annalena Tonelli”. Edizioni Messaggero Sant’Antonio Padova, di Moltisanti Katiuscia. Genere: Biografia, Teologia e cultura religiosa.

Annalena Tonelli (Forlì 1943 - Borama 2003) è una singolare figura di missionaria, fuori da ogni schema: ha «urlato» contro la violenza, ha scelto il silenzio per rimanere libera, ha mostrato al mondo che le religioni non sono un terreno di scontro se a prevalere è l’amore e il rispetto per l’uomo. Voleva solo continuare ad amare, a servire in silenzio, a condividere tutto con la sua gente. Aveva fatte sue le parole di Charles de Foucauld: «Non ambisco che d’essere gettata nelle fondamenta di qualcosa che cresce, come un seme! Ma il seme deve marcire. Il seme deve morire. Un giorno fiorirà. Io non ho il desiderio di vedere il fiore. Altri lo vedranno. Io voglio solo arrivare a riposare nel grembo di Dio. E questo è quello che io ho sempre voluto e voglio continuare e volere per il resto della mia vita».

 torna all'indice

LUTTI

 

Questa torrida estate ha portato dolore fra alcuni nostri soci.

Antonietta Gui ha perso l’amato fratello. Chi conosce bene Antonietta sa con quanto amore ha accudito il suo congiunto fino a sentirlo non solo fratello, ma figlio. Ricordo con quanta dedizione ogni sera, prima di passare alla casa di accoglienza, andava a trovarlo e a portargli la cena: Penso che la sua vicinanza gli abbia permesso di vivere serenamente questi ultimi anni pur soffrendo per il deperimento fisico. Dopo pochi giorni dalla morte del fratello un nuovo lutto ha ferito la famiglia Gui. E’ infatti morta la cognata alla quale era molto affezionata. E’ stata un’estate difficile. L’amore che unisce Antonietta e Mario Gui sia di conforto e lenisca il dolore.

Chiara Canazza ha perso il 15 luglio il papà. Con i suoi 82 anni, stava trascorrendo con la moglie un sereno periodo di vacanza in montagna. Un infarto lo ha sottratto agli affetti dei suoi cari lasciando un grande vuoto difficile da ricolmare.

Giovedì 6 agosto è morta Claudia Macelli, figlia di Luisa Rigato. L’ho appreso con tanto dolore perché Claudia era una donna splendida. Ha lottato fino alla fine. Era giovane, bella, riservata e seppur nella sofferenza si è aggrappata all’esile filo che la teneva in vita. Alla cara mamma Luisa nostra socia e volontaria del laboratorio, e a suo marito va il nostro pensiero più caro ed affettuoso. La perdita di una figlia è un dolore troppo grande, che noi amiche non riusciremo a lenire. Cercheremo comunque di esservi vicini con il nostro affetto.

Claudia

torna all'indice

FELICITAZIONI

Felicitazioni per Nicoletta Chiggio che è convolata a giuste nozze il 14 luglio. Nicoletta è figlia della nostra volontaria Laura ed ha lavorato per alcuni mesi in segreteria .

Il 5 febbraio è nata Ilaria, la graziosa nipotina di Loretta Cremonini. L’evento ha portato tanta gioia in famiglia e un ulteriore motivo di giovinezza per i nonni. 

 torna all'indice

 

DATE DA RICORDARE
 

Lunedì 5 ottobre riapre il laboratorio “Allegria e Fantasia”

Orario di apertura: 15.30 – 18.00

Vi aspettiamo: passerete un pomeriggio sereno tra amiche. Il vostro impegno sarà di aiuto all’Associazione.

Il 27 ottobre 2009 nella Hall dell’Ospedale Sant’Antonio ci ritroviamo per il mercatino d’autunno.

 

torna all'indice

RECAPITI

 

Sede Operativa: Via Verci 2/A

35128 Padova

Tel./Fax: 049– 8072055

ass.amicisancamillo@libero.it

www.padovanet.it/amicidisancamillo

 

ORARI SEGRETERIA:

LUNEDI-MARTEDI-GIOVEDI-VENERDI: 8,30-12,30

MERCOLEDI: 8,30-12,30 (CASA DI ACCOGLIENZA IN VIA FORCELLINI 14, TEL. 049 751990)

 

torna all'indice

 

SEMPRE AL FIANCO DI CHI HA BISOGNO NEI

MOMENTI DIFFICILI