NOTIZIARIO DELL'ASSOCIAZIONE N. 8

DICEMBRE 2004

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INDICE

 

DATE DA RICORDARE

INFORMAZIONI DAL DIRETTIVO

FORMAZIONE SPIRITUALE di p. Eugenio Sapori

STORIE Dl TUTTI I GIORNI

POSTA DAI NOSTRI OSPITI

 

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DATE DA RICORDARE

In ospedale

14 e 15 dicembre dalle ore 9 alle ore 18 mercatino di Natale

18 dicembre ore 16; ritiro spirituale in preparazione al Santo Natale. Alle ore

19 sarà celebrata la Santa Messa.

21 dicembre ore 19 S. Messa presieduta dal Vescovo che desidera incontrare malati, operatori sanitari e volontari: in modo particolare gli "Amici di San Camillo."

In parrocchia

20 dicembre dalle ore 16 alle ore19 esposizione dei lavori del laboratorio

20 dicembre alle ore 19.15 liturgia penitenziale

A tutti i soci il direttivo formula affettuosi auguri di

BUON NATALE e FELICE ANNO NUOVO


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Informazioni dal direttivo.

In data 19 novembre 2004 si è riunita l'assemblea dei soci per rinnovare il direttivo e per prendere alcune decisioni importanti. Dopo aver ringraziato e salutato la volontaria Frigo Marcella per il suo impegno da vice presidente, il presidente uscente Iginio Marcuzzi ha ricordato come e dove i volontari operano:

- sul territorio:collaborando con l’associazione Vada che agisce alla Casa di riposo Nazareth

-con la SEEF che tutela i bambini e le mamme in difficolta,

-in casa di privati e alla casa di accoglienza di via Verci (grazie al lavoro encomiabile di Vittoria Schiavo ed altre volontarie)

-con il laboratorio "Allegria e simpatia" luogo di incontro spensierato e altamente creative

-in casa di accoglienza di via Tre garofani, in casa di via Lovarini e nella casa di via Forcellini, 14.

E' stato proposto di aumentare l’impegno sul territorio sfruttando l’opportunità di alcuni progetti comunali, ma l’assemblea suggerisce di indirizzare comunque forze di volontari all’accoglienza nella casa di v. Forcellini tenendo presente che all'occorrenza il volontariato deve essere affiancato e supportato da servizi a pagamento. .E' giunto così il momento di affrontare le spese di ristrutturazione delta casa stessa dopo aver contattato la Sig ra Filaretti, nostra padrona di casa e di comperare un nuovo arredamento che dia gioia, colore e soprattutto sollevi lo spirito a chi ne fa uso.

Dopo un incoraggiamento di Eugenio padre (nostro padre spirituale) a continuare con il nostro impegno e la sua assicurazione che i Camilliani continueranno a collaborare con noi si e passati alla votazione del nuovo direttivo che ora e così composto:

-     Presidente: Marcuzzi Iginio

-    Vice presidente: Fagioli Mirella

-    Berti Andreina

-    Cardin Antonio

-     Cattozzo Germana

-     Cremonini Loretta

-    De Rossi Roberta

-    Ravaioli Carubia Claudia

-   Satiri Eugenio

-    Tardivo Cristina

-     Vedovato Paola

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FORMAZIONE SPIRITUALE di p. Eugenio Sapori

VIVERE SANAMENTE LA NOSTRA RELAZIONE CON GLI ALTRI

A - Costruire ponti, non solitudini  

Il bisogno di comunicazione

 Oggi viviamo in un'epoca fondata sulla comunicazione. Allo stesso tempo, mai come oggi, la solitudine si e trasformata in malattia. Si è soli in un condominio dove vivono centinaia di persone, si é soli nei negozi piu affollati, si é soli sui treni e per le strade...

Il nostro tempo rivela una realtà paradossale: da una parte, tramite la televisione, i giornali, i telefonini, internet, si e ampliata a dismisura la capacita dell’uomo di comunicare, abbattendo distanze geografiche e culturali e, dall'altra, si assiste a un crescente vuoto di comunicazione, all'assenza di dialogo. Inoltre, i mezzi di comunicazione di massa hanno contribuito ad alimentare atteggiamenti di passività, mortificando lo spazio della creatività umana.

Molti sono soli perché non hanno mai ascoltato, sono solo abituati a parlare e ritengono dialogo quello che e monologo. Altri sono soli, isolandosi dal prossimo, emarginandosi dalla vita e vivendo all’ombra delle proprie preoccupazioni.

Altri ancora, sono soli perché non si sentono accettati, amati, ascoltati. Ma il mondo è anche pieno di persone motivate a costruire ponti di speranza, ad offrire il dono di una presenza sanante e di un'attenzione benefica.

DIO CHE DIALOGA CON L'UOMO

Nella religione cristiana Dio viene presentato come Colui che dialoga con l’uomo e si rivela all'uomo. Egli non è il Dio del silenzio, è il Dio che prende l’iniziativa di amare l’uomo, prima ancora di essere amato dall’uomo; attraverso il mistero dell’Incarnazione si fa Parola: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14).

Il vangelo propone lo stile di relazione di Gesù che dialoga attento all'identità e ai bisogni degli interlocutori. A volte guarisce il corpo (suocera di Pietro); talora privilegia il colloquio (Nicodemo), talvolta si mette in sintonia con / bisogni del cuore (Samaritana).

Il malato, una persona assetata di comunicazione

Nella stagione della sofferenza l’esigenza di parlare e di comunicarsi diventa più  pressante.

L'impatto con una malattia che turba l’esistenza, sconvolge la progettualità e produce perdite fisiche o affettive, e accompagnato dal bisogno dei protagonisti di dare voce al proprio dolore. Si ha la necessita di confidare a qualcuno il racconto della propria storia cambiata. Familiari o amici sono i primi destinatari di messaggi intrisi di incertezza, paura o speranza.

Il mosaico della sofferenza

Il termine sofferenza abbraccia un orizzonte ampio quanto la storia umana. Ogni tipo di sofferenza è comunicazione di un'esperienza di limite, che invoca rispetto e solidarietà.

C'è chi sperimenta la sofferenza mentale, o la sofferenza psicologica, la sofferenza spirituale o la sofferenza fisica.

Ogni forma di sofferenza può provocare momenti di stanchezza e di impazienza, giorni di smarrimento e di sfiducia, sia per quanti la vivono in prima persona, i familiari o chi si prende cura di loro.

I BENEFICI DI UNA COMUNICAZIONE SANANTE

Il mondo della salute, reclama canali espressivi per veicolare in modo costruttivo e fecondo l’energia psichica e mentale. L'opportunità di comunicarsi comporta diversi benefici, tra cui: fare chiarezza, ridimensionare i problemi, elaborare il lutto, ritrovare la serenità e l’equilibrio, riguadagnare fiducia, liberare le tensioni.

GLI OSTACOLI ALLA COMUNICAZIONE

Saper ascoltare è un'arte che si coltiva con umiltà e saggezza; di fatto, sono più  evidenti le carenze o i comportamenti limitanti nella comunicazione, tra i quali notiamo: il disinteresse, la fretta, gli atteggiamenti di superiorità, l’impazienza, il giudizio, la banalizzazione, la superficialità, l’invadenza, l'egocentrismo, gli atteggiamenti predicatori.

ATTEGGIAMENTI CHE PROMUOVONO LA COMUNICAZIONE

Il dialogo diventa terapia e medicina sanante quando e fondato sui seguenti atteggiamenti: apertura, centralità dell'altro, empatia, uso di una varietà di risorse.

INSIEME PER SERVIRE MEGLIO

L'esperienza quotidiana insegna quanto sia importante la collaborazione e il lavoro in equipe ai fini della cura e della guarigione. La comunicazione è il termometro che misura le condizioni di salute o di malessere di un’istituzione.

Il mosaico terapeutico si costruisce quando gli altri sono percepiti come collaboratori, non avversari. Il lavoro in equipe nasce dalla consapevolezza del propri limiti dinanzi alla complessità di ogni situazione umana e dalla capacità di valorizzare ogni contributo. Il processo di guarigione si realizza attraverso la cooperazione di tanti contributi e la comunicazione aiuta ad armonizzare il mosaico degli interventi per il miglior bene del malato.

FORTIFICATI DALLA FEDE

La realtà della sofferenza ricorda, da vicino, come gli sforzi umani debbano coniugarsi con l’azione e la grazia di Dio che opera nella quotidianità, in modi misteriosi e sempre attuali. E il malato stesso che, spesso, attraverso le sue riflessioni e la sua testimonianza, riconduce i sani a recuperare l’orizzonte spirituale.

B - Il comportamento

L'aiuto e i suoi cammini

Basta gridare aiuto perché qualcuno intervenga? E se non lo fa è perché e "senza cuore"? C'e abbastanza accordo tra gli studiosi del settore nel parlare di comportamento pro-sodale per definire un comportamento di aiuto che una persona realizza volontariamente a beneficio di un altro, e di comportamento altruistico quando l’aiuto viene prestato con I1 intenzione di beneficiare l'altro senza aspettarsi ricompense per quello che si è fatto.

Alcuni Autori hanno descritto il comportamento di aiuto come un processo che comporta

cinque passaggi fondamentali:

1) Notare una persona, un evento o una situazione che possono.richiedere aiuto. Il primo, ovvio requisito, riguardo al comportamento d'aiuto, è che qualcuno noti il potenziale bisogno di soccorso. E forse per questo che i bisogni psicologici e spirituali, non essendo percepiti come emergenze, non ricevono molto aiuto: è più  facile, ad esempio, che riceva maggior attenzione il dolore fisico che non quello psicologico e/o spirituale.

2) Interpretare il bisogno. La difficoltà sta spesso nel saper interpretare le comunicazioni che riceviamo. Una lettura non corretta del bisogno impedisce una risposta adeguata e i nostri pregiudizi possono giocare cattivi scherzi.

3) Assumersi la responsabilità di agire. Identificato il tipo di bisogno, il passo successivo è decidere se intervenire o meno, se si è tenuti a farlo e se si vuole assumersene la responsabilità.

4) Decidere la forma di assistenza da offrire ed il tipo di implicazione personale, l’aiuto può andare da forme indirette come fare in modo che altri prestino soccorso a forme più  dirette ed immediate.

                5) Realizzare l’azione. Nel realizzare un valido comportamento di aiuto, entrano in gioco vari fattori come il sentirsi competenti. La preparazione non deve essere rigidamente legata ad "un punto di vista unico".

Rapporti con l’empatia

Il nostro comportamento prosociale, e la sua capacità di rispondere al bisogno, può essere condizionato da vari fattori, come ad esempio le nostre stesse aspettative personali. Giunto all'eta di 75 anni, Carl Rogers, uno dei più  noti psicologi americani, fa alcune riflessioni e tra le altre cose scrive: "Ho notato che una delle cose più  difficili per me è stata quella di prendermi cura di una persona per ciò che essa è, in quel momento. E’ cosi facile curarsi degli altri per ciò che io penso che siano, o vorrei che fossero, o sento che dovrebbero essere". Una vera empatia, senza indebite confusioni o proiezioni, non è sempre facile.

Prima di aiutare altri, esprimere comprensione o compassione, dobbiamo osservare ed interpretare accuratamente la situazione che gli altri stanno vivendo, capirne il vissuto, valutare le loro esigenze ed i loro desideri, decidere le azioni più  efficaci e di maggiore aiuto per loro, formulare ed eseguire i nostri piani per l’azione.

Una maggiore attenzione dovrebbe essere prestata anche a come la persona che riceve l’aiuto Io vive. Chi riceve l’aiuto può percepirlo, infatti, in vari modi: come gesto di attenzione e come risposta ad un bisogno o come minaccia alla propria autostima, specie quando non e nella possibilità di ricambiare e vive quindi l’aiuto come segno di debolezza, inferiorità e dipendenza da qualcuno che detiene il potere.

A titolo esemplificativo di “buoni esercizi” per vivere sanamente le nostre relazioni con gli altri allego anche alcuni consigli che ho ritrovato tra le mie vecchie carte.

A cura di P. Eugenio Sapori1

 

BEATI I MITI, I NON VIOLENTI

ESSI CONQUISTANO IL CUORE DEGLI ALTRI

 

5 Consigli per comunicare rispetto, armonia, pace; per ottenere una comunicazione sana:

RALLENTA I  MOVIMENTI

quando ti senti irrequieto, insicuro, imbarazzato, teso, confuso... entra in contatto con te, diventa consapevole. Lo stress stringe, il relax allarga i canali delle energie, che scorrono liberamente e tu le puoi valorizzare nel modo migliore. Rallenta e governati bene!

CONTEMPLA I VOLTI

quando gli occhi guizzano irrequieti... entra in contatto coi tuoi occhi; diventa consapevole. Porta sull'altro uno sguardo armonioso e quieto. Il rito dello sguardo comunica accoglienza, stima, fiducia, agio.

PARLA COI GESTI

quando sei agitato le parole accelerano nervosamente... entra in contatto con le labbra, diventa consapevole. Fermati e ascolta...

ALLUNGA IL RESPIRO

quando sei stressato, il respiro diventa corto, asmatico, ossigena male... entra in contatto coi polmoni, diventa consapevole

ABBASSA IL TONO

quando sei teso il tono diventa acuto, nervoso, il volume cresce... Entra in contatto con la colonna d'aria, che sale dalla gola. Diventa consapevole. Scendi dai toni acuti alti, che comunicano stress ai toni gravi bassi che comunicano familiarità e governo della situazione

1 Per approfondire i due argomenti trattati (A e B) consultare; 1.- ufficio nazionale CEI per  la  pastorale  della  SANITA’, Costruire ponti non solitudini. XI Giornata mondiale del malato, 11 febbraio 2001, Ed. Camilliane, Torino 2000 (= Sussidi e documenti, 6). 2.- sandrin L., II comportamento prosociale. Annotazioni psicologiche, in "Camillianum n.s." n. 3 (2001), pp. 557-567.

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STORIE Dl TUTTI I GIORNI: informazione di Loretta Cremonini

Storia di Niki

Niki è un bambino di 15 mesi, molto socievole simpatico e con un sorriso splendido, ma, purtroppo, molto sfortunato. E' nato prematuro ed è rimasto alcuni mesi in terapia intensiva ed intubato. La madre è entrata in stato di depressione e quando Niki è potuto passare al reparto di Pediatria, i media hanno obbligato la madre, data la sua situazione a tornare a casa (in provincia di Rovigo) per uno o due giorni alla settimana. E' iniziato così il nostro aiuto, da febbraio ad aprile per tutte le 24 ore della giornata. Giunto il momento delle dimissioni, non era possibile un distacco immediato dall'Ospedale in quanto Niki necessitava di cure quasi quotidiane (era ancora tracheotomizzato), inoltre i due genitori non avevano mai affrontato da soli la situazione di un menage familiare con un bimbo così problematico. Assieme all'equipe che lo seguiva è stata prospettata la soluzione di una casa di Accoglienza che avesse le caratteristiche di un normale appartamento, per cui il bambino che non era mar uscito dall’Ospedale, si trovasse in una situazione protetta, ma simile alla sua futura vita normale.Tale situazione idonea è stata individuata nell'appartamento di via Tre Garofani in cui erano già presenti una mamma con il suo bambino sordomuto di 11 anni in attesa di un intervento e degenza che si prospettava di lunga durata. L'esperienza è stata del tutto soddisfacente in quanto ai genitori di Niki non sembrava vero di poter condurre una vita familiare liberi dai vincoli di un Ospedale (orari, pasti, sala di attesa come unico svago, ma vicini all'ospedale. L'altra ospite si è immediatamente adeguata alla situazione fornendo una discrete collaborazione per ogni necessità. Dati i continui miglioramenti di Niki, martedì 13 luglio, (data storica!) la famiglia ha potuto fare ritorno alla sua abitazione, dove la solerte equipe che ha seguito Niki in tutto il suo iter, aveva provveduto al collegamento con la Pediatria e i servizi sociali del loro paese. Quest'ultimi avevano sostenuto economicamente la famigliola dando un contributo alla nostra Associazione per le spese sostenute. A fine luglio sono venuti a trovarci in Casa d'Accoglienza per ringraziarci e per farci vedere i progressi fatti dal piccolo Niki sempre più  sereno e sorridente.

DA LORETO ALL'AFGHANISTAN: (L’Esperienza di un medico unitalsiano)

Quanto scritto di seguito è la testimonianza del giovane nipote della nostra socia Galimberti Antonietta. Ha colto l’invito che facciamo a tutti di condividere le proprie esperienze e i propri sentimenti affinchè il bene e l’amore crescano in mezzo a noi.

Avevo da poco compiuto nove anni quando partii per la prima volta per Loreto: ero solo un piccolo "pellegrino" attaccato alla gonna di una nonna veterana di volontariato e pellegrinaggi. A quei tempi i malati suscitavano a volte la mia curiosità, a volte la paura: è normale che nel cervello di un bambino ci sia poco spazio per la sofferenza altrui. Sono cresciuto in fretta, e presto avevo spalle abbastanza larghe da poter indossare la giacca da barelliere, e braccia forti quanto bastava per dare una mano nei lavori semplici e a volte pesanti che la vita in un pellegrinaggio comporta. Ricordo di aver lavato montagne di piatti, spostato tante valige, spinto carrozzine, ma anche di aver ricevuto moltissimo da altrettanti malati con i quali stringevo sincere amicizie, che si protraevano da un anno all'altro con lettere, telefonate, visite. Ricordo anche tante notti in bianco, all'aperto, e compagnie immense di amici; accompagnare stonate chitarre che suonavano fino all'alba. Esperienze così mi facevano ogni volta aspettare con ansia l'arrivo dell'anno successive per ripeterle.

Ma ho continuato a crescere, e dopo la giacca da barelliere suite spalle mi sono ritrovato il camice bianco. Richiede ossa forti perché comporta responsabilità più  pesanti di qualunque barella. Sotto la guida esperta di un maestro come il dottor Donello, che saluto e ricordo sempre con affetto, ho mosso i primi passi nel "mestiere" di aiutare e gestire le delicate problematiche del paziente malato e pellegrino. Le mie esperienze con lui, a Loreto come a Lourdes, sono state intense e professionalmente utilissime. Ho anche avuto la fortuna di avere vicino persone che mi hanno seguito lungo tutto questo mio percorso, fin dai primi anni, da mia nonna Antonietta, a tanti amici, sorelle, barellieri, malati, spesso persone che mi hanno tenuto in braccio vent'anni fa ed ora si ritrovano a chiamarmi dottore. Se poi aggiungo che sono l’unico medico in una famiglia di aviatori dei quali la vergine di Loreto è la patrona il cerchio si chiude.

Ma nel 2002 non sono partito come al solito per il mio pellegrinaggio. Proprio alla fine dell'estate frequentavo il 141° corso allievi ufficiali della scuola di sanità del nostro Esercito, e, prima di Natale, ero effettivo in un reggimento di paracadutisti della Brigata Folgore. Per la mia coscienza, e per cultura ed educazione, il servizio di leva era un impegno che non potevo non onorare. Seguii i ragazzi del mio reggimento anche quando si trattava di passare con loro quattro mesi sul confine col Pakistan, in Afghanistan. E' stata una missione che per impegno, fatica, rischi ed esperienza accumulata sarebbe troppo difficile descrivere completamente, e che fu concessa ad un ufficiale in prima nomina come me solo in virtù della assoluta carenza di ortopedici nell'esercito. Certo, un medico-soldato con tanto di fucile può essere discutibile, non è un approccio ortodosso. Però io ho viaggiato a lungo con quei ragazzi, ho avuto occasione di curare italiani, americani, afgani, in una realtà unica e sconosciuta a quasi tutti i medici, quella della guerra. Ma in particolare quella della guerra moderna, che colpisce indistintamente tutti, militari e civili, e dove non arriva con le armi, le bombe, e soprattutto quelle indegne e terrificanti trappole che sono le mine, arriva con la povertà, la miseria e le malattie. Purtroppo, ho visto e fatto cose che in un mondo che vive il terzo millennio non dovrebbero più  esistere, in condizioni che erano spesso disagiate, a volte proibitive, ma ottimali mai. Ho imparato ad arrangiarmi con poco, a volte con nulla, e ad affrontare scelte che resteranno come cicatrici dentro di me per sempre. Sono riuscito a curare con la stessa attenzione amici ed alleati come soldati e banditi che fino a poco prima ci avevano sparato addosso, magari alle spalle o nel sonno. Ed è la mia più  grande soddisfazione. Ho anche odiato, certo, e profondamente, rabbiosamente, perché davanti a certe crudeli ingiustizie è umano reagire con l’odio. Ma per fortuna è servito a farmi rendere conto di quanto in realtà l’odio sia triste, inutile, vergognoso.

Bisogna andare dove la vita non vale nulla, per apprezzarne l’immenso valore, e magari andare da chi non ha davvero nulla, per capire in realtà quanto siamo fortunati. Dove la sofferenza è di tutti, ci si rende conto di come davanti ad essa siamo tutti uguali, senza distinzioni di razza, religione, cultura.

Sono tornato diverse, cambiato, da quelle montagne. Tutto quello che ho visto mi è entrato dentro, mi ha fatto crescere, maturare, al punto che so già che di esperienze così non potrò più  fare a meno. Credo infatti che rimetterò presto la divisa per tornare in quei posti, un po' come ogni anno indosso il camice e vado a Loreto. In fondo, un medico resta tale con qualunque divisa addosso. Saluto tutti quelli che mi conoscono, o che semplicemente hanno avuto la costanza per arrivare alla fine di queste pagine per leggere la mia storia, nella speranza di rivederci, o magari incontrarci presto a Loreto.

Edo Crainz

edocrainz@virgilio.it

Che dire dopo aver letto tale testimonianza di amore verso il prossimo! Il tuo metterti in discussione sia di esempio per tutti noi. Speriamo, caro Edo, di poterti incontrare a Loreto e pregare insieme. Cercheremo, nel nostro piccolo, di trasmettere l’amore che è in noi ai sofferenti che incontriamo sulla nostra strada e ti incoraggiamo a proseguire nel tuo cammino di fede e amore.

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POSTA DAI NOSTRI OSPITI

5 marzo, 2004

Grazie di tutto da Antonio e mamma. La vostra è una missione che il Signore vi ha affidato e Lui stesso provvederà a darvi la forza per continuare.

Tony '84

"Tony '84" è Antonio, un ragazzo trapiantato di reni, ospite per più  di un mese nella Casa d'Accoglienza di v. Tre Garofani, 64 assieme a sua madre.

estate 2004

Alla cortese attenzione dei sig. volontari del "san Camillo"

 

Grazie per la vostra ospitalità in questa Casa d'Accoglienza.

Per noi tutti, che siamo qui per problemi di salute, queste case ci sono molto comode.

Ringrazio il Signore che c'e gente che si occupa di volontariato come voi e che ci date

una mano a noi bisognosi.

Grazie di cuore. (lettera firmata)

 

Il direttivo ringrazia di cuore tutti i volontari dell'associazione "Amici di San Camillo" che con il loro operato hanno permesso questa estate, anche facendo sacrifici, di tenere aperte le due case di accoglienza e di essere presenti in ospedale e in quartiere dove la sofferenza non è certamente andata in vacanza.

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